L’ice breaker è la persona che – durante un incontro di lavoro, un corso di aggiornamento o in qualsiasi altra situazione dove più persone sono chiamate a confrontarsi per questioni professionali – aiuta a rompere il ghiaccio, mettendo i partecipanti a proprio agio e ottimizzando quindi i tempi dedicati a sbrigare le tipiche conversazioni “di rito”.
Su questo argomento torna Forbes, chiedendosi se le persone divertenti e simpatiche abbiano più successo negli affari. E la risposta da parte degli esperti di risorse umane non sembra essere unanime, poiché alcuni di loro individuano nell’umorismo in ufficio un’arma a doppio taglio.
Altri tuttavia individuano nella simpatia – intesa come senso dello humor e prontezza alla battuta – tre effetti principali: cognitivi, emotivi e fisiologici, utili nell’elaborare valide soluzioni alle problematiche lavorative di tutti i giorni. La spiegazione sarebbe semplice: poiché possiamo elaborare solo un tipo di emozione alla volta, l’umorismo funge da ascensore tra la frustrazione di una situazione e la sua sdrammatizzazione.
Senza considerare che le persone di spirito sono solitamente gradite dai colleghi, che, in linea di massima, le preferiscono ai musoni inclini alla lamentele. Il tutto contribuisce a incrementare la produttività e l’efficacia di un gruppo di lavoro; è dimostrato infatti che una bella risata scatena la produzione di dopamina, che accresce nel cervello la creatività, l’apprendimento e l’impegno.
Esiste però una distinzione tra “umorismo empatico”, quello buono per intenderci e che nasce da un intento positivo alla condivisione di una situazione, e “umorismo ostile”, che mina invece il bene della collettività poiché nasce da un istinto negativo a smascherare qualcuno o a prenderlo in giro, assomigliando di più a un modo per mettere in mostra con aggressività.